lunedì 22 febbraio 2010

Ladislao Mazurkiewicz, il numero uno più temuto da Pelé...

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Estadio Jalisco, Guadalajara. È il 17 giugno 1970, Brasile ed Uruguay si stanno dando battaglia per un posto in finale. Secondo tempo, siamo due a uno per il Brasile, Tostão inventa un sinistro filtrante per Pelé: Mazurkiewicz, portiere uruguagio, esce dai pali. «O Rey» lo manda col culo per terra: finta di corpo a sinistra, deragliamento a destra. Il tutto senza sfiorare la sfera, agguantata ad un passo dalla linea di fondo e scagliata verso la porta. Fuori di un centimetro, è il «non gol» più bello della storia. Fosse entrata, si sarebbe comunque trattato di un evento: di fronte a sé Pelé non aveva un portiere qualsiasi, aveva Ladislao Mazurkiewicz. «El arquero nero», meglio di Jascin, meglio di tutti per Pelé, che ne aveva fatto la conoscenza cinque anni prima in una sciagurata semifinale di Coppa Libertadores: fuori il Santos, con l'allora giovanissimo «Mazurka» indiscusso protagonista.
Ma riavvolgiamo il nastro della storia, e andiamo a scoprire le origini di quello che sarebbe poi diventato il più grande portiere nella storia della «Celeste», la Nazionale di calcio uruguagia. Nato a Piriapolis il 14 gennaio 1945 da padre polacco e madre spagnola, il piccolo Ladislao s'era innomorato della palla sbagliata: quella a spicchi. Di statura media (179 centimentri, appena sufficienti per un portiere) e tecnica approssimativa, la pallacanestro non faceva per lui. Poi, un bel giorno, un osservatore del Racing Club di Montevideo notò questo tredicenne dai riflessi felini: da lì alla prima squadra fu un attimo. Ad appena 16 anni l'esordio, quindi due promozioni e la prestigiosa chiamata del Penãrol, con cui fronteggerà per la prima volta Pelé. Causa l'indisponibilità del titolare Maidana, Mazurkiewicz si ritrova in campo contro il Santos: è il 31 marzo 1965, semifinale di Coppa Libertadores. Lui para tutto, il Penãrol va in finale. Gli «Aurinegros» soccombono all'Independiente, ma si rifanno nell'edizione successiva contro il River Plate: Libertadores in bacheca, medesimo destino per l'Intercontinentale, vinta ai danni del Real Madrid nel '67. Manco a dirlo, contro le Merengues il nostro è uno dei migliori in campo, ma al Real non se ne accorge nessuno: gli vengono preferiti Araquistain e Betancourt. «Mazurka» ha appena ventidue anni, eppure ha già vinto e parato praticamente tutto, oltre ad aver fatto sfoggio della propria classe ai Mondiali inglesi del 1966: mantiene clamorosamente inviolata la propria porta all'esordio contro i padroni di casa, ed a fine torneo viene votato come terzo miglior portiere della manifestazione.
E siamo all'immaginifico dribbling di Pelé, che diventerà un abituale avversario del fuoriclasse uruguagio: nel 1971 Mazurkiewicz si trasferisce in Brasile, all'Atletico Mineiro, con cui vince immediatamente il «Primeiro Campeonato Nacional de Clubes», prima edizione del campionato brasiliano a livello nazionale. Tre anni al «Galo», poi il Mondiale 1974 e la brevissima avventura europea: una stagione al Granada, miracolosamente salvato dalla Segunda Division. Quindi il ritorno in Sud America con Cobreloa, America di Cali e di nuovo Penãrol nel 1981. In panchina c'è Luis Cubilla, storico leader della selezione uruguagia, che facendo appello al suo grande carisma lo convince a far da chioccia alla giovane promessa Fernando Alvez. Per un solo anno però, visto che «Mazurka» preferisce appendere i guantoni al chiodo per riciclarsi come preparatore dei portieri: sa bene di essere ancora troppo forte per marcire in panchina.

Antonio Giusto

Fonte: Goal.com

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