martedì 19 luglio 2011

Calcio d'angolo - La Copa di quelli che non vogliono andare in vacanza


Non so come si dica «favorito» in spagnolo, ma ho il vago sospetto che questo vocabolo non compaia nei dizionari stampati tra Punta Gallinas e Cabo de Hornos. Il perché? Presto detto: Argentina, Brasile, Cile e Colombia rispedite a casa rispettivamente da Uruguay, Paraguay, Venezuela e Perù. Chi ci ha preso, anche investendo una semplice decina d'euro su questa multipla, ora sta pianificando la vacanza dei propri sogni. Garantito.

Tutt'altro che contrariati dal dover lavorare almeno sino al 23 luglio, anzi speranzosi di posticipare l'ultimo giorno di servizio al 24, appena quattro uomini. Sergio Markarián, Oscar Tabárez, Gerardo Martino e César Farías, in rigoroso ordine di qualificazione. Profondamente diversi l'uno dall'altro, ma - assistiti dalla suerte - capaci di condurre in semifinale i propri uomini, che magari si chiameranno Vizcarrondo e Cichero anziché Lúcio e Thiago Silva, oppure Chiroque e non Messi, ma sono ancora lì ad inseguire la Copa. Grazie anche, o forse soprattutto, a chi predica calcio seduto in panchina.

Don Marka, ovvero Sergio Apraham Markarián Abrahamian. Nato a Montevideo nel '44 da famiglia armena, trasferitosi a 7 anni in Argentina, sul pino dal 1976. Ha girato metà Sudamerica, transitando sulla panchina del Paraguay ed assaggiando la Grecia. Lo chiamano «Mago», non hanno torto: un Perù desolatamente ultimo nel girone di qualificazione ai Mondiali 2010, senza quel monumento di Claudio Pizarro (degnamente sostituito da Guerrero, più gol in queste quattro partite che nell'ultima Bundesliga con l'Amburgo) e con il già citato Chiroque al posto di Farfán, si godrà un piazzamento in Coppa America che alla Blanquirroja manca dal '97, quando ne buscò 7 in semifinale dal Brasile di Romário e Leonardo.

Oscar Tabárez, undici partite sulla panchina del Milan nel 1996, detto «el Maestro», dovrà fare i conti con il suo di maestro quando - a La Plata - si ritroverà di fronte Markarián. Anno di grazia 1977, Tabárez rincasa in Uruguay dopo un'annata messicana nel Puebla, ed alla guida del Bella Vista trova l'uruguaiano d'Armenia. Poi Oscar, trentunenne, appende gli scarpini al chiodo e Sergio va a sedersi sulla panchina del Danubio. E chissà che Markarián non abbia fatto in tempo ad insegnare al suo allievo che, se il tuo mediano si fa espellere al 38' sul campo dei favoritissimi padroni di casa, tenere in campo le due punte (Suárez e Forlán) è la migliore delle soluzioni. Forse è andata così, o forse si è trattato di una manifestazione della celebre garra charrúa.

Gerardo Martino, «el Tata», è nato a Rosario il 20 novembre del '62. Undici giorni più tardi di Sergio Batista e cinque mesi dopo Mano Menezes. A lui tocca il Paraguay, gli altri due si godono l'Argentina ed il Brasile, lui lavora con Estigarribia e Vera, gli altri due si coccolano Messi e Neymar, Agüero e Thiago Silva. Lui è in semifinale, gli altri due si apprestano alla pubblica gogna. Da Ripacandida, in provincia di Potenza, da cui partirono i suoi nonni, ecco il più grande sottovalutato della panchina sudamericana.

César Farías, nato allenatore nel marzo 1973. Cinque mesi in più di Javier Zanetti, ma undici in meno di Marcelo Elizaga, il portiere dell'Ecuador, nonno della Coppa America. Sulla panchina del Nueva Cádiz a 25 anni e vincitore della seconda divisione venezuelana, nel febbraio 2008 si è meritatamente ritrovato a guidare la Vinotinto. Ha sconfitto il Brasile, per la prima volta nella storia del calcio venezuelano, e condotto i suoi oltre i quarti di Coppa America, per la prima volta nella storia del calcio venezuelano. Che sia anche la prima volta in finale? Lui - come ovvio - se lo augura.


Antonio Giusto


Fonte: Goal.com

4 commenti:

Entius ha detto...

Un quartetto di sorprese. Chi vincerà?

Köpke ha detto...

Finale Uruguay - Paraguay.
Celeste favoritissima, ma secondo me il Paraguay può fare la sorpresa, e vincere la sua prima partita del torneo..

Köpke ha detto...

Pronostico totalmente sbagliato.
Uruguay troppo superiore.

Certo, il Paraguay non c'era.
Villar non si reggeva neanche in piedi.

Antonio Giusto ha detto...

L'Uruguay ha strameritato di vincere. Certo che, se il Paraguay fosse stato al completo, magari in finale avremmo assistito ad una partita.